Cos’è il veganismo? Un’altra morale? Un’altra alternativa della società? Un altro lago paludoso all’interno del mare infinito dell’abominio dell’esistente? La maggior parte dei suoi aspetti sono moralistici e antropocentrici. Da questa aspetto non possono sfuggire nemmeno le/gli anarchiche/i. Il veganismo come forma passiva di “lotta” trascura di considerare molte cose dal mio punto di vista. Ora qualcuno potrebbe dirmi che è esattamente la stessa cosa, visto che sei vegano. Ma no. Il mio punto di partenza è completamente diverso. Invece di una forma di lotta, lo specificherei come una forma di astinenza da una delle ruote della civiltà e del capitalismo con l’ammissione delle sue problematiche nella realtà attuale. Perché come lotta, da chi e verso chi sarebbe? Una lotta dell’uomo civile verso l’ennesimo soggetto di sfruttamento non potrebbe essere altro che sterile come tante altre. Una vittimizzazione. D’altra parte, come scelta individualista di astinenza consapevole e di negazione della parte dell’esistente che vede le/i nostre/i compagne/i come materia prima, diventa una scelta dinamica. Per me non c’è né il “bene” né il “male”. All’interno del sistema del capitalismo nego la decadenza che emana dalle prigioni e la tirannia della vita degli animali non umani. In un altro mondo non sistematizzato non negherei, se le circostanze della sopravvivenza lo richiedessero, di usare qualsiasi cosa di qualsiasi organismo vivente. Se ne avessi bisogno e fossi più forte, prevarrei. Con rispetto per la vita dei miei non-nemici. Quindi una forma di astinenza e di anti-necrosi del mio ego dalla prigionia, dalla commercializzazione e dalla banalizzazione della vita non umana dall’infinita e infinita nozione di civiltà. Non come “embargo” all’industria della carne, che non avrebbe alcun significato per me, perché dopo ci si ritroverebbe comunque invischiate/i nelle ruote di un’altra industria. Queste non hanno alcun significato per me, dato che l’economia fa parte di questo sistema, e non hanno nulla da offrirmi. Voglio distruggere l’economia, non usarla politicamente. Non come una scelta di “buono” o “cattivo”, perché non riconosco alcuna forma di normalità morale che provenga da strutture sociali o culturali, né mi interessa affatto la morale. Quindi è solo uno strumento che si può usare date le circostanze attuali e niente di più. È l’approccio più vicino alla mia individualità che ha negato l’antropocentrismo.