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SCIENZA, ARMA DEL DOMINIO [ITA/ENG]

[ENG below]

Tratto dalla rivista Tilikum #3 Luglio 2016 https://quaglia.noblogs.org/materiali/

 

All’interno della lotta per la liberazione animale, si è nel tempo sviluppato un dibattito riguardo all’approccio migliore da adottare per combattere la vivisezione. Le due posizioni principali che si sono trovate a confrontarsi e scontrarsi sono quelle del cosiddetto “antivivisezionismo scientifico” e del cosiddetto “antivivisezionismo etico”.

 

Il primo approccio punta a un confronto su basi scientifiche con il mondo della ricerca, per dimostrare, “prove alla mano”, che la ricerca su animali non porterebbe risultati certi applicabili all’essere umano e che quindi sarebbe inutile. Il fatto che torturare animali per la ricerca sia, oltre che presumibilmente inutile, anche moralmente inaccettabile, viene taciuto o quantomeno messo in secondo piano. Il motivo è di solito strategico: cio’ che muove molte delle persone che lottano con un aproccio scientifico contro la vivisezione è un’empatia verso la sofferenza degli animali, ma queste preferiscono portare il discorso su un piano oggettivo, razionale, freddo, che riguarda cosa è piu’ conveniente fare (se utilizzare animali o i cosiddetti metodi alternativi) per un reale avanzamento della ricerca, spiegando perchè a livello scientifico si preferisce la seconda opzione.

 

Questo tipo di argomentazioni viene visto come superiore rispetto alle argomentazioni considerate piu’ “emotive”. Ci si adatta cosi’ alla visione scientifica del mondo che, oltre ad essere profondamente antropocentrica, sminuisce l’importanza della soggettività e delle emozioni e ci vuole come freddi automi razionali. Un’altra frangia del movimento di liberazione animale ha criticato questo approccio proprio per il suo essere utilitarista, antropocentrico e anche perdente, in quanto chi lavora nella ricerca scientifica ha sicuramente le competenze per smontare o raggirare l’attivista che lo/a critica riguardo al proprio campo di studi. L’alternativa è delegare totalmente la battaglia a scienziati/e antivivisezionistx che si confronteranno a pari livello con i propri colleghi e le proprie colleghe nel loro linguaggio tecnico specifico.

 

E’ stato proposto quindi un approccio che si basasse unicamente sull’aspetto etico: sostenere che la vivisezione sia moralmente inaccettabile in tutti i casi, in quanto forma di reclusione e tortura, a prescindere dal fatto che i test sugli animali possano essere utili o meno all’avanzamento del progresso scientifico.

 

Si tratta sicuramente di un passo avanti rispetto all’approccio scientifico, in quanto riporta il discorso su una critica all’antropocentrismo che vede gli animali unicamente al servizio della società umana per i suoi piu’ svariati fini. E’ un approccio che lascia spazio all’empatia, che non scredita o minimizza il posto che le nostre considerazioni emotive hanno nel determinare le scelte morali che ci riguardano, e che rifiuta di considerare il nostro rapporto con l’altrx su base utilitaristica.

 

Tuttavia, questo approccio manca totalmente di una critica alla ricerca scientifica in sè. Quello che lascia sottinteso è il fatto che se la ricerca scientifica non utilizzasse piu’ animali vivi per i propri esperimenti, ma adottasse dei metodi differenti, non ci sarebbe alcun problema. Eppure il discorso riguardante la scienza e la sua visione del mondo è molto più complesso di cosi’, e i suoi aspetti problematici non si possono ridurre all’utilizzo di animali, per quanto questa sia una delle sue caratteristiche più efferate e osteggiate.

 

Cos’è oggi la scienza? E’ ingenuo pensare che la scienza sia ancora e soltanto uno studio disinteressato della natura e degli esseri viventi, nutrito dall’innata curiosità dell’essere umano nel conoscere il mondo intorno a sè. Gli sviluppi della scienza oggi, e da parecchi secoli ormai, si intrecciano strettamente con quelli del potere. E’ vero, la curiosità di capire, scoprire, esplorare, indagare la realtà in cui ci troviamo immersi, è qualcosa che accompagna da sempre la storia dell’essere umano. Ma questa curiosità di conoscere la natura si è a un certo punto trasformata, per gli scienziati, nella voglia di vivisezionare la natura. Animali, cadaveri, organi, tessuti, cellule fatti a pezzi e studiati in un laboratorio: questo significa per gli/le scienziatx capire la natura. Ma per fare cio’ è necessario adottare una mentalità che vede questi esseri viventi o parti di esseri viventi come semplici meccanismi, di cui studiare il funzionamento. Non più forme di vita in connessione con altri elementi viventi a formare ecosistemi (dalla connessione tra organi, tessuti, cellule, sinapsi ecc. che dà vita al corpo di un animale, alla relazione tra singoli individui animali della stessa o di diverse specie con le piante, i funghi, i batteri ecc. del proprio habitat), ma oggetti sotto la lente di un microscopio o su un tavolo di laboratorio da cui estrapolare dati, una scissione di questi dalla loro realtà e la loro dissezione. La complessità del vivente viene ridotta ad organi, geni, cellule, atomi, neuroni. Non stupisce quindi che la mentalità scientifica non riesca a considerare gli animali usati nei laboratori come individui che hanno un valore in sè anzichè come qualcosa di utile per lo studio dei “meccanismi” o delle reazioni del corpo.

 

Un aspetto problematico della mentalità scientifica è la credenza che per comprendere la realtà si debba considerarla soltanto nei suoi aspetti misurabili e quantitativi. Tutte le caratteristiche non quantificabili, come quelle derivanti dalle sensazioni, dalle emozioni, da aspetti irrazionali, dal libero arbitrio ecc., e le condizioni variabili, che dipendono cioè dal contesto in cui gli eventi accadono e in cui i corpi si trovano, vengono semplicemente negate o ignorate, salvo poi proclamare continue nuove “scoperte” che dovrebbero rivelarci chissà quali grandi verità su noi stessx mentre ci portano spesso a grandi errori. Per esempio l’approccio della medicina allopatica è quello di curare i sintomi delle malattie, oppure di andare a intervenire in maniera aggressiva (con farmaci, operazioni chirurgiche…) sul singolo organo o sulle singole cellule – e presto sui singoli geni – ritenuti malati, perdendo pero’ di vista la salute fisica e psichica dell’organismo in generale, e le cause che hanno portato l’individuo ad ammalarsi. Non si tengono in considerazione neanche le conseguenze che l’intervento medico localizzato puo’ avere sugli organi circostanti o sulla salute dell’individuo in generale. Quel problema che sul momento sembra risolto grazie alla medicina, potrebbe quindi ripresentarsi in seguito, sotto altra forma, con conseguenze ancora piu’ gravi.

 

I progressi nella medicina sono l’ambito piu’ acclamato della ricerca scientifica, e quello che la lobby scientifica ostenta maggiormente per avere dalla sua parte l’opinione pubblica e ricevere più finanziamenti. Ma la creazione di sempre nuovi metodi diagnostici, farmaci e tipi di operazioni chirurgiche è davvero un progresso? Le strette connessioni tra il mondo scientifico e i colossi chimico-farmaceutici sono già abbondantemente note. Molte ricerche su specifiche malattie vengono già in partenza finanziate dall’una o dall’altra ditta farmaceutica, che ha già acquistato in anticipo il brevetto per il farmaco che verrà prodotto e da cui trarrà profitto.

 

Si dice che le multinazionali farmaceutiche con una mano ci ammalano e con l’altra ci curano. Certamente non agiscono per filantropia, in quanto se le malattie fossero davvero debellate o diminuissero, anche i loro profitti andrebbero a picco, e questo è il contrario di ciò che desiderano. Ma lo stesso si può dire della scienza piu’ in generale. Non è forse grazie a quelli che venivano considerati, nel momento del loro lancio, notevoli “progressi scientifici”, che ci troviamo oggi in un mondo sempre più contaminato da sostanze che ci fanno ammalare?

 

I progressi della chimica, della fisica, della biologia, solo per fare qualche esempio, hanno portato alla scoperta, alla creazione e alla diffusione di tutta una serie di sostanze altamente nocive, dalla diossina all’energia atomica, dagli OGM agli additivi. Moriamo sempre piu’ frequentemente di cancro, di infarti e di malattie neurodegenerative, causate proprio dall’alto livello di inquinamento dell’aria, dell’acqua e del cibo che ingeriamo. E gli/le scienziatx, che hanno causato tutto questo, sarebbero i benefattori che dovremmo ringraziare per i nuovi farmaci che ci cureranno e ci terranno in vita qualche anno in più, con sempre piu’ protesi chimiche e robotiche a sostenerci? Oltre che sempre più malatx, siamo anche sempre più dipendenti dal sistema per quanto riguarda la cura della nostra salute.

 

Il bombardamento di antibiotici a cui siamo sottopostx indebolisce le nostre difese immunitarie e dà vita a virus sempre più resistenti, con rischi di epidemie. Nel frattempo perdiamo le conoscenze che una volta avevamo rispetto a come prenderci cura del nostro corpo e della nostra mente, di quali sono i rimedi semplici con cui curare i vari malanni, spesso basati sulle piante spontanee, metodi che anzichè puntare ad abbattere i sintomi della malattia puntano a rafforzare le nostre difese naturali e supportano il nostro corpo nell’auto-guarigione.

 

La ricerca scientifica avviene spesso in istituti pubblici come università, ospedali o appositi centri di ricerca finanziati dallo Stato. Spesso la cosiddetta “ricerca pubblica” viene osannata come fosse qualcosa di piu’ onesto rispetto alla ricerca privata, dove quest’ultima viene vista come palesemente collegata all’industria e orientata alla produzione di nuove merci e nuovi bisogni.

 

Ma crediamo forse che lo Stato investa milioni e milioni di euro ogni anno nella ricerca scientifica per “amore della verità” o per filantropia? No di certo. Lo Stato, in cambio dei suoi f i n a n z i a m e n t i , otterrà nuovi input per l’economia nazionale. E soprattutto, terrà per sè il meglio delle applicazioni scientifiche/tecnologiche che possono essere messe al servizio della sicurezza e del controllo: quindi per l’accrescimento del suo potere. Strumenti come le telecamere, gli allarmi, il riconoscimento biometrico, le impronte digitali, la catalogazione del DNA, le microspie, i microchip inseriti in ogni tessera che utilizziamo, i GPS, rendono sempre piu’ difficile una liberazione di animali, il sabotaggio di una struttura di sfruttamento, i danneggiamenti di simboli del potere durante i cortei, in breve ogni forma di ribellione a questo sistema opprimente, e aprono sempre piu’ spesso le porte del carcere a chi non si rassegna all’alienazione e prova ad agire. Rendono anche sempre più soffocante la nostra esistenza quotidiana, una realtà da Grande Fratello in cui ogni nostro movimento è controllato e monitorato da istituzioni sempre più pervasive. Tutte queste applicazioni derivano dalla ricerca scientifica in campi come l’informatica, l’elettronica, la biologia, la matematica.

 

In generale, non è possibile scindere quelle che saranno le applicazioni buone della scienza e della tecnologia da quelle malvage. Ogni nuova scoperta scientifica verrà utilizzata anzitutto dall’élite dominante per rafforzare il proprio potere, ma abbagliatx come siamo dai nuovi gingilli tecnologici di cui ci circondiamo stentiamo a rendercene conto. Che si parli di governi dittatoriali o democratici, di capitalismo o di socialismo, il risultato cambia di poco. Cosi’ l’invenzione del primo aeroplano, con cui l’essere umano è riuscito a soddisfare un ancestrale e romantico desiderio di volare, ha portato ai moderni droni e cacciabombardieri che seminano morte sulle popolazioni in guerra. La ricerca sui geni ha portato all’eugenetica nazista, agli OGM e agli animali transgenici. Le ricerche di fisica sull’energia atomica hanno portato alle bombe nucleari su Hiroshima e Nagasaki, a Chernobyl, all’incubo delle scorie nucleari. Sono solo alcuni esempi delle possibili e attuali applicazioni militari e civili della ricerca scientifica. La macchina bellica trae vantaggio e si rafforza sempre piu’ grazie ai continui avanzamenti nella ricerca scientifica e tecnologica, dando vita a guerre e armi sempre piu’ micidiali che ormai hanno perfino la capacità di estinguere ogni forma di vita sul pianeta.

 

Nel frattempo la scienza, ormai inscindibile dalla tecnologia (da qui il termine di tecnoscienza), contribuisce alla crescente burocratizzazione ecomplessificazione del mondo, sempre più interconnesso ma sempre più incomprensibile a chi non ha le competenze tecniche di ogni specifico ambito. Il lavoro è sempre più specializzato, gli/le stessx scienziatx hanno di solito competenze molto specifiche per quanto riguarda il loro singolo settore di ricerca ma sempre meno conoscenze generali riguardo agli altri settori. La loro iper-specializzazione e la loro fede smisurata nel progresso sono due tra i motivi principali che lx rendono ciechx e incoscienti rispetto alle conseguenze del loro agire e alla direzione più che pericolosa che la scienza nel suo complesso ha intrapreso già da tempo.

 

Rispetto alla crescente complessità delle questioni scientifiche siamo condannatx a rimanere perennemente indietro. Siamo esclusx dalla comprensione dei cambiamenti in atto, e ovviamente da ogni tipo di scelta o intervento in quei cambiamenti. Veniamo fattx sentire ignorantx e ci viene detto di fi darci degli/le espertx. Deleghiamo sempre piu’ a degli/delle specialistx la cura di noi stessx, di chi ci sta intorno e dell’ambiente in cui viviamo. Il mito del progresso e della scienza redentrice ci parla del crescente benessere materiale dell’umanità, mentre si allea con il dominio, tortura animali e avvelena il pianeta con la sua produzione di guerre e nocività. E’ fondamentale quindi non limitarsi a guardare soltanto alla sofferenza degli animali ma estendere la nostra critica e la nostra lotta a tutte le implicazioni che la ricerca scientifica piu’ in generale porta con sè, e nel mentre esplorare strade per riappropriarci, un pezzo alla volta, della nostra autonomia perduta.

 

[ENG]

Taken from Tilikum magazine #3 July 2016 https://quaglia.noblogs.org/materiali/

 

Within the struggle for animal liberation, a debate has developed over time regarding the best approach to take to combat vivisection. The two main positions that have been confronting and clashing are those of the so-called “scientific antivivisectionism” and the so-called “ethical antivivisectionism”.

 

The first approach aims at a confrontation on a scientific basis with the world of research, to demonstrate, “evidence in hand”, that research on animals would not bring certain results applicable to human beings and therefore would be useless. The fact that torturing animals for research is not only allegedly useless, but also morally unacceptable, is kept quiet or at least put on the back burner. The reason is usually strategic: what moves many of the people who fight with a scientific approach against vivisection is an empathy for the suffering of animals, but they prefer to bring the discourse on an objective level, rational, cold, which concerns what is more convenient to do (whether to use animals or the so-called alternative methods) for a real advancement of research, explaining why scientifically the second option is preferred.

 

This type of argumentation is seen as superior to arguments considered more “emotional”. It fits so the scientific vision of the world that, in addition to being deeply anthropocentric, belittles the importance of subjectivity and emotions and wants us as cold rational automatons. Another fringe of the animal liberation movement has criticized this approach precisely because it is utilitarian, anthropocentric and also a loser, since those who work in scientific research certainly have the skills to disassemble or deceive the activist who criticizes him/her about their field of study. The alternative is to totally delegate the battle to antivivisectionist scientists who will confront on an equal level with their colleagues in their specific technical language.

 

Therefore, an approach based solely on the ethical aspect has been proposed: to argue that vivisection is morally unacceptable in all cases, as a form of imprisonment and torture, regardless of whether animal testing can be useful or not to the advancement of scientific progress.

 

This is certainly a step forward with respect to the scientific approach, as it brings the discourse back to a critique of anthropocentrism that sees animals solely at the service of human society for its most varied purposes. It is an approach that leaves room for empathy, that does not discredit or minimize the place that our emotional considerations have in determining the moral choices that affect us, and that refuses to consider our relationship with the altrx on a utilitarian basis.

 

However, this approach totally lacks a critique of scientific research itself. What it leaves implied is the fact that if scientific research would no longer use live animals for its experiments, but would adopt different methods, there would be no problem. Yet the discourse concerning science and its worldview is much more complex than that, and its problematic aspects cannot be reduced to the use of animals, although this is one of its most effete and opposed features.

 

What is science today? It is naive to think that science is still and only a disinterested study of nature and living beings, nourished by the innate curiosity of human beings to know the world around them. The developments of science today, and for several centuries now, are closely intertwined with those of power. It is true, the curiosity to understand, discover, explore, investigate the reality in which we are immersed, is something that has always accompanied the history of human beings. But this curiosity to know nature has been transformed, for scientists, in the desire to vivisect nature. Animals, corpses, organs, tissues, cells cut into pieces and studied in a laboratory: this means for scientists to understand nature. But in order to do so, it is necessary to adopt a mentality that sees these living beings or parts of living beings as simple mechanisms, whose functioning must be studied. No longer life forms in connection with other living elements to form ecosystems (from the connection between organs, tissues, cells, synapses, etc.. that gives life to the body of an animal, the relationship between individual animals of the same or different species with plants, fungi, bacteria, etc.. of their habitat), but objects under the lens of a microscope or on a laboratory table from which to extrapolate data, a splitting of these from their reality and their dissection. The complexity of life is reduced to organs, genes, cells, atoms, neurons. It is therefore not surprising that the scientific mentality fails to consider animals used in laboratories as individuals who have a value in themselves rather than as something useful for the study of “mechanisms” or reactions of the body.

 

A problematic aspect of the scientific mentality is the belief that in order to understand reality one must consider it only in its measurable and quantitative aspects. All non-quantifiable characteristics, such as those arising from sensations, emotions, irrational aspects, free will, etc., and variable conditions, that is, depending on the context in which events occur and in which the bodies are, are simply denied or ignored, except then proclaim continuous new “discoveries” that should reveal who knows what great truths about ourselvesx while often leading us to great errors. For example, the approach of allopathic medicine is to treat the symptoms of disease, or to intervene aggressively (with drugs, surgery …) on the single organ or on individual cells – and soon on individual genes – considered sick, but losing sight of the physical and mental health of the organism in general, and the causes that led the individual to get sick. They do not even take into consideration the consequences that the localized medical intervention may have on the surrounding organs or on the health of the individual in general. The problem that seems to be solved at the moment thanks to medicine, could then reappear later, under another form, with even more serious consequences.

 

Advances in medicine are the most acclaimed area of scientific research, and the one that the scientific lobby flaunts the most to get public opinion on its side and receive the most funding. But is the creation of ever new diagnostic methods, drugs and types of surgery really progress? The close connections between the scientific world and the chemical-pharmaceutical giants are already abundantly known. Many researches on specific diseases are already financed by one or the other pharmaceutical company, which has already bought in advance the patent for the drug that will be produced and from which it will profit.

 

It is said that multinational pharmaceutical companies make us sick with one hand and cure us with the other. Certainly they do not act out of philanthropy, because if diseases were really eradicated or diminished, their profits would also go down, and this is the opposite of what they want. But the same can be said of science more generally. Isn’t it thanks to what were considered, at the time of their launch, remarkable “scientific advances,” that we now find ourselves in a world increasingly contaminated by substances that make us sick?

 

Advances in chemistry, physics, biology, just to name a few, have led to the discovery, creation and diffusion of a whole range of highly harmful substances, from dioxin to atomic energy, from GMOs to additives. We are dying more and more frequently of cancer, heart attacks and neurodegenerative diseases, caused by the high level of pollution of the air, water and food we ingest. And the scientists, who caused all this, would be the benefactors we should thank for the new drugs that will cure us and keep us alive a few more years, with more and more chemical and robotic prostheses to support us? In addition to being increasingly malatx, we are also increasingly dependent on the system for our health care.

 

The bombardment of antibiotics to which we are subjected weakens our immune defenses and gives rise to increasingly resistant viruses, with risks of epidemics. In the meantime, we are losing the knowledge we once had about how to take care of our body and mind, what are the simple remedies with which to cure various ailments, often based on wild plants, methods that instead of aiming to break down the symptoms of disease aim to strengthen our natural defenses and support our body in self-healing.

 

Scientific research often takes place in public institutions such as universities, hospitals or special state-funded research centers. Often the so-called “public research” is hailed as something more honest than private research, where the latter is seen as clearly linked to industry and oriented to the production of new goods and new needs.

But do we believe that the State invests millions and millions of euros every year in scientific research for “love of truth” or for philanthropy? Certainly not. The state, in return for its funding, will get new inputs for the national economy. And above all, it will keep for itself the best of the scientific/technological applications that can be put at the service of security and control: therefore for the increase of its power. Tools such as cameras, alarms, biometric recognition, fingerprints, DNA cataloguing, bugs, microchips inserted in every card we use, GPS, make it increasingly difficult to free animals, sabotage an exploitative structure, damage symbols of power during demonstrations, in short, any form of rebellion against this oppressive system, and increasingly open the doors of prison to those who do not resign themselves to alienation and try to act. They also make our daily existence more and more suffocating, a Big Brother-like reality in which our every movement is controlled and monitored by increasingly pervasive institutions. All of these applications derive from scientific research in fields such as computer science, electronics, biology, and mathematics.

 

In general, it is not possible to separate what will be the good applications of science and technology from the bad. Every new scientific discovery will be used first of all by the ruling elite to strengthen their power, but dazzled as we are by the new technological trinkets we surround ourselves with we hardly realize it. Whether we talk about dictatorial or democratic governments, capitalism or socialism, the result changes little. So the invention of the first airplane, with which the human being was able to satisfy an ancestral and romantic desire to fly, has led to modern drones and fighter-bombers that sow death on warring populations. Research on genes has led to Nazi eugenics, GMOs and transgenic animals. Physics research on atomic energy led to the nuclear bombs on Hiroshima and Nagasaki, to Chernobyl, to the nightmare of nuclear waste. These are just a few examples of the possible and current military and civilian applications of scientific research. The war machine takes advantage and strengthens more and more thanks to the continuous advances in scientific and technological research, giving life to wars and weapons more and more deadly that now have even the ability to extinguish all life on the planet.

 

Meanwhile science, now inseparable from technology (hence the term technoscience), contributes to the growing bureaucratization and complexification of the world, increasingly interconnected but increasingly incomprehensible to those who do not have the technical skills of each specific area. Work is more and more specialized, the same scientists usually have very specific skills regarding their single field of research but less and less general knowledge about the other fields. Their hyper-specialization and their immoderate faith in progress are two of the main reasons that make them blind and unconscious of the consequences of their actions and of the more than dangerous direction that science as a whole has taken for some time now.

 

Compared to the increasing complexity of scientific issues we are condemned to remain perpetually behind. We are excluded from understanding the changes taking place, and of course from any kind of choice or intervention in those changes. We are made to feel ignorantx and told to fi d ourselves of the espertx. We delegate more and more to specialistsx the care of ourselves, of those around us and of the environment in which we live. The myth of progress and redeeming science speaks to us of the growing material well-being of humanity, while it allies itself with domination, tortures animals and poisons the planet with its production of wars and harmfulness. It is therefore essential that we do not limit ourselves to looking only at the suffering of animals but extend our criticism and our struggle to all the implications that scientific research more generally brings with it, and in the meantime explore ways to regain, one piece at a time, our lost autonomy.