Versione lettura: Resistenza animale e confini di specie
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Glossario
antropocentrismo – dal greco anthropos (essere umano) e kentron (centro); è la credenza, visione o teoria che posiziona l’essere umano al centro di tutto ciò che esiste. Esso è la base delle azioni che oggettificano l’ecosistema e chi ne fa parte per raggiungere obiettivi che soddisfino i bisogni e i desideri della specie umana;
specismo – convinzione che gli umani debbano godere di un’importanza superiore a quella degli altri animali, nasce da un pensiero antropocentrico;
rifugi antispecisti – luoghi in cui gli animali da reddito trovano rifugio e in cui non è contemplato l’utilizzo dei loro corpi. Il rifugio antispecista (che va considerato un compromesso, non una soluzione) mira a tutelare gli individui rifugiati affinché possano autodeterminarsi e vivere in libertà (nei limiti dei recinti, figli di una società dominata dall’essere umano, dal profitto e dalla proprietà privata). L’obiettivo di un rifugio è di tamponare un problema endemico, e di puntare ad una società in cui il rifugio stesso non è necessario. Alcuni rifugi presenti in Italia fanno parte della Rete dei Santuari (http://www.animaliliberi.org/site/), mentre molti altri non ne fanno parte.
Ringrazio il mio amico Den per avermi dato una mano con la revisione del contenuto.
Introduzione
Il discorso sulla resistenza degli altri animali è sempre un tema delicato che non sempre è facile da elaborare. Ogni giorno ci sono svariate notizie riguardo ad individualità che fuggono da allevamenti, zoo, circhi, acquari. Ma come reagisce l’opinione pubblica a queste notizie? Quanto impatto hanno sugli individui? Quanto queste azioni vengono prese sul serio?
Un animale non umano che colpisce il suo aggressore, che scappa, che si disorienta tra le automobili delle realtà urbane, o che attraversa a nuoto lo stresso di Messina [1] è spesso oggetto di curiosità, divertimento, derisione e anche di invisibilizzazione e repressione; coloro che necessitano di difendere la cultura specista perché ne traggono profitto o perché vogliono rimanere nella propria zona di comfort, utilizzano sempre le medesime argomentazioni; esiste in generale un preciso intento nel minimizzare queste azioni che vengono additate come irrazionali, casuali ed isolate. Credo che ci ostiniamo continuamente ad ignorare queste azioni o a rifiutarle come atti di resistenza perché ci spaventano; abbiamo paura di riconoscere che la centralità di specie che ci siamo datз sia infondata, così come ammettere che anche le altre specie abbiano molti bisogni ed emozioni in comune con la specie umana. Detronizzarci e rinunciare ai nostri privilegi ci terrorizza, quindi minimizziamo l’esistenza di individui di altre specie definendoli irrazionali, inferiori e “meno intelligenti”. Ma, dato che considerare qualcunə (a prescindere dalla specie) come più/meno intelligente lascia intendere che ci sia uno standard di riferimento per giudicare l’individuo, qual è questo standard di intelligenza? A chi giova mantenerlo? E perché?