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Veganismo significa attaccare. Fomentare un incendio contro lo specismo e l’antropocentrismo morale

 

Traduzione dell’articolo scritto da Flower Bomb: https://warzonedistro.noblogs.org/post/2017/09/09/vegan-means-attack-fomenting-a-wildfire-against-speciesism-and-moral-anthropocentrism/

Il mio veganismo esiste come confronto nichilista contro il tessuto morale esistente dell’antropocentrismo e dello specismo. Qui, su questa terra chiamata “america” le giustificazioni morali per il consumo di corpi e secrezioni di animali non umani vanno di pari passo con l’industrializzazione di corpi che sono socialmente riconosciuti come semplici prodotti per il consumo. Il mio veganismo è definito non solo dal rifiuto individualista di interiorizzare, convalidare e rafforzare questi valori sociali autoritari, ma anche dal fatto di attaccarli consecutivamente.

La mia anarchia rifiuta la civiltà specista, non dal punto di vista del ritorno al cacciatore-raccoglitore, ma da un punto di vista di ostilità costante verso le gerarchie arbitrarie, l’autorità e il governo che prendono forma prima o dopo la civilizzazione. Tra questi vi è il ripristino di tradizioni  o culture che tentano di far risorgere valori e visioni del mondo antropocentriche e gerarchiche. Il mio obiettivo non è il ripristino di un’esistenza passata. Il mio obiettivo è la creazione di una vita gioiosa, qui ed ora, attraverso il confronto distruttivo con qualsiasi elemento di governo che cerchi di mantenere il potere gerarchico. Sono ostile a tuttɜ coloro che considerano gli animali non umani e la natura selvaggia come semplici materie prime per lo sfruttamento e il consumo antropocentrico.

In realtà però mi stupisce vedere lɜ sedicenti anarchicɜ – che si autoproclamano tali – adempiere al ruolo antropocentrico di consumare animali non umani, ruoli assegnati loro dal capitalismo, dalla tradizione e dalle culture durante l’infanzia, soddisfare i ruoli dell’essere “umano” ed abbracciare una moralità che standardizza i ruoli di controllo e di dominio sulla natura. Quanto tempo ci vuole affinché lɜ “anarchicɜ” contemporaneɜ notino le gabbie in batterie, le prigioni all’aperto, le mostre dei giardini zoologici, la brutalità nascosta dei macello, lo specismo nel consumare alcuni animali non umani ed iniziare a costruire rapporti con altrɜ? O i modi interconnessi con cui la società vede gli animali non umani come il minimo comune denominatore per confrontare quelli della categoria oppressa? Come cazzo si ferma la prassi autoritaria della mercificazione dei corpi – umani o non umani (in questo caso non umani) – che sono reificato per giustificare la loro schiavitù, l’omicidio ed il consumo? Per quanto riguarda il sostegno a detenutɜ e l’abolizione delle carceri, dov’è il riconoscimento e la solidarietà con miliardi di persone non umane che rimangono imprigionate nei mattatoi con condanne a morte, giustificate dalla semplice richiesta dei loro corpi mutilati e ben confezionati?

Il riconoscimento della loro lotta esistenziale contro la prigione e il dominio è limitato dalla supremazia umana. Quando l’anarchia non riesce ad includere la selvaggina liberata al di là della limitata portata della supremazia umana, è il mero riformismo centrato sull’umano che non riesce a distruggere la logica stessa del controllo e del dominio. La società è morte per definizione. La morte e il disinteresse per gli animali non umani sono integrati nella progettazione di autostrade, ferrovie, agricoltura e ogni altra forma di antropocentrismo strutturale. Io sostengo il suo crollo totale verso l’emancipazione della natura selvaggia. La domesticazione è un processo di auto-automatizzazione interiorizzata, condizionata da un senso di superiorità alla selvaticità che si manifesta istituzionalmente con il pensiero che l’umano sia sopra ed oltre l’animale. Respingo questo modo di pensare, così come il suo presupposto che i corpi degli animali non umani siano semplici prodotti alimentari per la caccia e il consumo, un presupposto che non tiene conto dei loro interessi individuali e della autonomia dei loro corpi. Rifiuto l’umanesimo, i suoi ruoli e tradizioni autoritarie e la sua identità assegnata che limita il mio potenziale di esplorare la mia animalità al di fuori dell’addomesticamento civile.

C’è una guerra da condurre contro la società, accanto agli animali non umani che rifiutano la sottomissione domestica e che vengono sfrattati dalle loro case a causa della deforestazione di massa, dello sviluppo umano e della tecnologia. Il veganismo appesantito dalla macina del liberalismo non riconosce criticamente la stessa civiltà capitalista ed industriale come l’incarnazione massiccia e massificata della dominazione antropocentrica. L’anarchismo che non riesce a sfidare lo specismo a livello individuale, riproduce infatti i valori autoritari interiorizzati del dominio umano. Poiché lo specismo è pervasivo, è isolato e ben conservato da una normalizzazione confortante, una normalizzazione che aiuta l’indottrinamento culturale e l’apatia. Il confronto è necessario per sconvolgere le comodità socialmente stabilite e l’ordine morale della dominazione animale non umana. Il mio anarchismo vegano (o veganarchismo) incarna la solidarietà non solo con l’assunzione di cibo, ma anche armata di attacco, attacco definito dalle azioni materiali di un desiderio incendiario di distruggere le manifestazioni sociali della supremazia umana.

– Flower Bomb